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Ma Rea - 'Stendiversomio'

“Ho iniziato a studiare a 27 anni (per prendere il diploma) e non ho più smesso. Mi interesso di poesia, letteratura, arte contemporanea, sociologia dell’arte…” Nella sala del locale, cadono dal soffitto appesi a delle mollette da bucato fogli delle forme riconducibili a biancheria: canottiere, reggiseni e mutandine. Questi fogli sono tenuti appesi a degli appendini e su questi vi sono scritti dei versi. Eccone uno: “Mi rimane / il sussurro dei sensi / per bisbigliare / chi sono / a me stesso.”

Spiegami il significato di questa tua scelta di esporre in capi di biancheria intima i tuoi versi? “Vedi, può sembrare che la poesia rinchiusa dentro i libri sepolti negli scaffali impolverati abbia perso la sua aura, quel prestigio e quell’importanza che aveva un tempo. Esponendola così io voglio tirarla fuori da quei luoghi ammuffiti e ridarle ossigeno. Farle prender aria, restituirle il sole, proprio come si fa con la biancheria. Ma perché proprio biancheria intima? Perché intimi sono gli argomenti trattati, spesso legati al mio inconscio, o all’animo dell’umanità tutta. Il mio è un gesto provocatorio perché se questa operazione rinvigorisce l’aura della poesia, a ben guardare ciò significa che questa non l’abbia mai perduta. Che faccio io se non riproporla in altra veste (ma sempre quella è) alla gente?

La novità forse è legata al fatto che sono errante; vado a cercarmi i luoghi dove seminare le mie opere, sperando possa germogliare qualcosa. Entro nei musei, ad esempio, e senza chiedere permesso a nessuno lascio nei bagni della carta igienica con le mie poesie. Nei Bar appendo la mia biancheria dove posso. Rivesto i portaombrelli o i cestini per avvolgerli con i miei versi (con l'iniziativa Cestinamenti). Nota come ci sia una provocazione, un doppio senso in tutto questo: spesso i portaombrelli sono impropriamente usati per gettare le cartacce, analogamente spesso sono i cestini delle carte ad essere usati come portaombrelli, se la situazione lo rende necessario.

Ora ritengo sia necessario riportare in auge l’arte e a questo scopo, ad esempio, io li uso trasformandoli in cestini poetici". Da allora Ma Rea ha cambiato qualcosa; dopo essersi laureato (parlando nella sua tesi di laurea dell’arte e della poesia di strada, quella dei murales, dei poeti da strada, categoria in cui lui stesso si riconosce) non disdegna di proporre la sua immagine, sconosciuta sino ad allora da chi leggeva le sue liriche.

E per farlo ha fatto un evento ad hoc : 'Dottor Masiero e Mister Ma Rea'. Infatti, il suo nome è: MAsiero andREA (Ma Rea, ovvero lo Stediversomio, come lui si firma). L’ultimo lavoro datato proprio oggi, è stato realizzato a Trieste, dove, ad esempio, alcune sue liriche sono state furtivamente inserite in testi di poesia dentro librerie ignare del misfatto… Giudichi il lettore quanto vi sia del poeta e quanto del provocatore, e soprattutto se si possono scindere le due cose.


L’intervista risale al 13 gennaio del 2015 in occasione della mostra “la Città e l’errante”

 

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